Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 18 marzo 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Dolore neuropatico: definito il ruolo causale della segnalazione purinergica astrocitica. Da tempo si conosce l’importanza dell’attivazione degli astrociti per lo sviluppo del dolore neuropatico, ma il meccanismo preciso era rimasto indefinito. Il recettore purinergico P2Y1, che accentua molti processi infiammatori ed è iper-espresso negli astrociti durante il dolore neuropatico, è associato all’attivazione del fenotipo A1 di astrociti e alla riduzione di GLT-1, che accresce la trasmissione eccitatoria e causa dolore persistente. Il recettore P2Y1 può dunque essere considerato un target per lo sviluppo di nuove terapie. [Cfr. Liu S. et al., Journal of Neurochemistry – AOP doi: 10.1111/jnc.15800, 2023].

 

Valenza positiva o negativa codificate nel grigio pontino da 2 popolazioni neuroniche. Nel grigio pontino centrale (PCG) del topo una popolazione neuronica eccitatoria glutammatergica codifica stimoli negativi e media risposte di avversione, mentre un’altra popolazione interneuronica inibitrice GABAergica codifica la valenza positiva e media comportamenti appetitivi. Il PCG trasmette le informazioni relative alle valenze positiva e negativa in una rete globale distribuita. [Cfr. Xiao C., et al., Neuron – AOP doi: 10.1016/j.neuron.2023.02.012, 2023].

 

Scoperto un ruolo della proteina della FXS, causa genetica di disturbo autistico. Il rimodellamento dei circuiti neuronici richiede potatura e rimozione di neuroni mediante l’intervento della glia e la fagocitosi. Il meccanismo prevede una segnalazione neuroni-glia, l’identificazione del neurone target e la fagocitosi. La rete di regolazione di questa funzione nei neuroni dipende dalla proteina FMR (fragile X mental retardation), le cui mutazioni causano la sindrome dell’X-fragile (FXS) caratterizzata da ritardo mentale e sintomi dello spettro dell’autismo. Tale rete interagisce col controllo InR e pAkt dei due segnali neuroni-glia che portano alla fagocitosi. [Cfr. Song C., et al., PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2216887120, March 15, 2023].

 

La paura dopo un trauma cerebrale si potrà trattare con inibitori di A2AR. Come nel Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) e in vari disturbi d’ansia, nel danno cerebrale traumatico si può alterare il processo di formazione delle memorie emozionali e aversi frequenti rievocazioni della paura. Xiao-Qing Cen e colleghi hanno ottenuto riduzione della formazione e della rievocazione della memoria della paura con un antagonista dei recettori dell’adenosina A2A. [Cfr. Experimental Neurology – AOP doi: 10.1016/j.expneurol.2023.114378, 2023].

 

Balene: un comportamento creduto nuovo e sorprendente era già noto agli antichi. Nel 2021 un video diventato virale su Instagram mostrava una balena emersa in superficie con la bocca spalancata a pelo d’acqua, ferma in attesa che interi banchi di pesci entrassero a nuoto nelle sue viscere. Per la verità, il comportamento era stato rilevato e registrato da ricercatori già nel 2011 e riportato come la scoperta di una nuova, misteriosa strategia alimentare, il cui sviluppo era stato ipoteticamente attribuito a cambiamenti ambientali recenti. Ora, ricercatori australiani hanno dimostrato che quel comportamento era sempre esistito: descritto in documenti classici di oltre 2.000 anni fa e in manoscritti di epoca vichinga. A questo comportamento si sono ispirati miti antichi di persone vissute nel ventre della balena e favole moderne, come il “Pinocchio” di Collodi. [Fonte: John McCarthy, archeologo marino della Flinders University, 2023].

 

Gli stati emozionali dei pesci d’acquario sono riconoscibili. Basandosi sui dati neurofisiologici e sulle risposte agli stimoli, si possono riconoscere in queste creaturine acquatiche stati equivalenti a dolore, paura e gioia. Come i mammiferi, hanno sistemi neuronici specifici per la nocicezione e la reazione di fuga, mentre lo stato equivalente alla gioia si inferisce solo dal comportamento. Specie e varietà dei coloratissimi pesciolini striati del genere Danio – di cui fa parte Danio rerio o zebra fish, modello neurobiologico per eccellenza – sono attivi e vivaci se in gruppi di almeno 6 esemplari, perché possono comporre una macchia o banco, cioè un aggregato di pesci che nuota in sincronia mantenendo invariate le distanze fra i singoli. La formazione del “banco di pesci” è soggetta a un delicato equilibrio: se sono pochi non si forma e i pesciolini si muovono poco, se vi sono troppi esemplari si genera aggressività da competizione e si perde l’effetto positivo. [Fonte: Matt Parker, The Conversation e BM&L-Italia, marzo 2023].

 

Oggi si tende a confondere i fantasiosi con i creativi, ma non era così in passato. I Greci distinguevano la nobile arte di “imitare la natura” o eikastikēn dall’artificio di “produrre parvenze” o phantastikēn: la prima trae senso dalla realtà e valore dall’abilità dell’artista, il suo prodotto è un’opera; la seconda trae senso e valore dall’efficacia dell’effetto che produce, suo prodotto è un’illusione o phantasma. La parvenza non è sostanza di realtà, né naturale né artificiale (come l’opera), ma ha a che fare con l’apparenza, in greco eidos, che vuol dire “aspetto esteriore”, “forma” e “idea”; il verbo apparire, in greco eidomai, è usato per dire “mi mostro”, “sembro”, “fingo”.

Operando questa distinzione, la cultura greca traccia un solco tra la vera capacità di ingegno e una pur fertile fantasia; la prima suppone un talento ma implica anche lo studio, l’esercizio e il miglioramento dell’abilità per giungere a una maestria nel realizzare opere come quelle di Fidia o congegni come quelli di Archimede, mentre la seconda è espressione estemporanea di una trovata, un escamotage, un artificio.

La creatività genera nuove realtà, mentre la fantasia al massimo produce effetti di novità. [BM&L-Italia, marzo 2023].

 

L’atteggiamento attivo è necessario per l’uso intenzionale delle risorse della coscienza. Lucrezio scrive: “Solleva gli occhi all’azzurro nitido e puro del cielo, e a tutto ciò che vi racchiude: agli astri sparsi che vi errano e alla luna e al sole con l’abbagliante splendore… qual più mirabile cosa potremmo dire che esista…? Nessuna…: eppure, oggi, nessuno più non si degna, ormai stanco a sazietà di vederla, d’alzare gli occhi sin alla splendida volta del cielo” (De Rerum Natura, vv. 1034-1044). L’assuefazione che ci induce a non notare nemmeno lo spettacolo della bellezza naturale, oggi tende a generalizzarsi spesso e nella maggioranza delle persone, favorendo una certa passività di fondo, che si manifesta anche nel contesto comunicativo, dove si interrompe solo nelle occasioni in cui è richiesta, è prevista, è abituale o indispensabile una risposta.

Questa disposizione psichica di fondo sembra favorita dai ruoli di utente, spettatore, acquirente e target in cui ci relega l’organizzazione economico-politica della società contemporanea, che tende a cancellare nella realtà le “personalità sociali” dei singoli costituenti la maggioranza dei cittadini o persone ordinarie, anche confinando l’esercizio di questo ruolo nel “gioco”, nella “fiction comunicativa” dei social media. La consapevolezza di sé e del mondo, coltivata quotidianamente con l’uso di registri critici esercitati attraverso il mezzo della giusta distanza affettiva, costituisce una base di senso e funzione per quell’atteggiamento attivo necessario all’utilizzo e all’esercizio della propria volontà indipendente.

Si ricorda che la nostra riflessione ha messo in relazione la possibilità di un “protagonismo della vita quotidiana” nel realizzare la propria concezione del vivere con l’equilibrio psicoadattativo che favorisce la buona salute psichica. [Fonte: Seminario sull’Arte del Vivere, marzo 2023].

 

Perché le analisi sociologiche non rilevano il nuovo Medioevo. Molti pensatori contemporanei considerano il tempo presente un’epoca di stasi, regresso, decadenza e imbarbarimento, ma le analisi sociologiche non sembrano supportare questo giudizio. Uno dei fattori di questo mancato rilievo è costituito dal fatto che il giudizio dei pensatori si basa su una scala di valori in cima alla quale si trovano idealità umanistiche, mentre gli studi condotti con i metodi della sociologia in genere si limitano a stime che fanno riferimento a indici economici e di benessere. Gli studi sociali danno per implicito un sistema di valori che si suppone condiviso e, seppure tale sistema risenta dell’ispirazione ideologica degli studiosi, rimane un riferimento lato, in quanto l’obiettivo delle indagini è fornire dati il più possibile oggettivi. Le bias degli autori degli studi, infatti, si possono più facilmente riconoscere nelle scelte degli argomenti e nel modo in cui sono concepiti i progetti.

Oggi la staticità di una cultura che appare frammentata e involuta, utilizzata per lo più strumentalmente e non per alimentarsi nello spirito, si associa ad una generale passività incoraggiata dal funzionamento consumistico dell’economia che sostiene i sistemi politico-amministrativi. A fronte di livelli di istruzione di massa mai raggiunti in precedenza, nella nostra realtà le persone geniali e realmente creative sono decisamente poche, anche perché queste figure non sono incentivate da considerazione e sostegno, e le loro abilità sono da più di mezzo secolo confuse con la capacità di colpire o stupire con idee eccentriche, originali, insolite. Il valore di una realizzazione è determinato dal profitto che produce.

La prevalenza del valore materiale e venale su quello ideale si ebbe anche nell’Età di Mezzo, come abbiamo ricordato a proposito della “mente medievale” esattamente un mese fa, lo scorso 18 febbraio, citando Jacques Le Goff: “I ragionamenti astratti cedettero il passo a pratiche più concrete e più materiali. Per esempio, nella sfera della giustizia il termine justice designa sempre meno una virtù e un ideale, e sempre più gli introiti che l’esercizio della giurisdizione frutta ai potenti”[1].

Il regresso rilevato dai pensatori è evidente nella perdita delle grandi idealità vissute.

L’agire collettivo della maggioranza medievale era con Cecco Angiolieri, che voleva uccidere il prossimo e abusare di tutte le donne belle, e non con Dante Alighieri, che assumeva come vertice dell’amore del prossimo la sublimazione del sentimento per la donna angelicata quale mezzo per elevarsi a Dio.

Come nel Medioevo, oggi difetta il riconoscimento del valore e i nostri potenziali “Dante Alighieri” sono esiliati dalla dimensione dello scambio mediatico di senso comune, e relegati in un topos in cui possono parlare rimanendo inascoltati. Come nel Medioevo, mancano personalità polarizzanti con iniziative di arte e cultura legate a sentimenti universali e capaci di generare entusiasmo, partecipazione e volontà di cambiare il mondo con l’ingegno e il lavoro, per generosità ideale e non perseguendo il mero profitto personale, come accade in ogni rinascita morale, prima ancora che civile. [BM&L-Italia, marzo 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (IX) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del nono incontro.

Sulla mente medievale gravava il peso degli obblighi sociali. In una concezione monarchica del potere politico, la massima parte dei doveri era implicitamente definita dal rango, dal ruolo o dalla condizione della famiglia di appartenenza del cittadino. La regolamentazione della vita civile, pur in una realtà di possesso generalizzato delle armi e di difesa armata della vita, della proprietà e dell’onore concessa a tutti, non era affidata alla forza repressiva e all’esecuzione delle condanne alla tortura o a morte, ma a un ordine simbolico rappresentato materialmente da palazzi, stemmi, insegne, blasoni, decorazioni, distintivi, contrassegni e privilegi; una struttura astratta radicata nella mente di tutti e di ciascuno, come fosse quasi un fatto di natura o un’essenza ineluttabile, chiamata gerarchia.

Un giovane cavaliere, che si recava a fare acquisti per la casa, riceveva l’aiuto spontaneo e devoto dei popolani nel rimontare sulla sua cavalcatura, ma doveva fermarsi e inchinarsi al passaggio del vassallo che, a sua volta, doveva baciare l’anello o addirittura la calzatura del suo signore. Tale struttura simbolica condivisa fissava, con i rapporti di potere, obblighi di comportamento che contribuivano alla conservazione dello status quo nella pratica dei valori sociali, ed era giustificata agli occhi di una Chiesa animata da spirito evangelico ma governata dai principati vescovili, con efficacia nel mantenere l’ordine sociale di questo sistema a scala di comparti separati e catafratti per tradizione, convenzione e storia.

Scrive Jacques Le Goff: “Nella sfera sociale e politica, l’ossessione è quella della gerarchia e dell’ordine, fondamento del dogma ideologico degli Europei di destra”[2].

Il peso dell’ordine sociale, subìto e spesso sopportato per rassegnazione da poveri e indigenti, perché rispettarlo era l’unico modo per ottenere lavoro come servi o elemosina per compassione, gravava spesso come insopportabile sulla coscienza dei giovani meno abbienti ma ricchi di iniziativa, ingegno, buona volontà e desiderio di vita. Gli orfani allevati e istruiti da religiosi nei conventi, potevano frequentare coetanei borghesi figli di ricchi mercanti o di nobili, che non dovevano lavorare per vivere ed erano serviti in tutto; spesso erano proprio i giovani adottati da religiosi i più sensibili al peso della gerarchia e i più motivati dal desiderio di infrangere le barriere sociali per migliorare la propria vita. Nei secoli dell’Età di Mezzo accade spesso che giovani di umili origini si facciano protagonisti di imprese o gesta esemplari con l’intento di perseguire nobili fini o, almeno, assicurarsi la possibilità di sognare.

Si assiste, in un periodo di tempo difficile da determinare con precisione – forse anche perché ciò che stiamo per indicare si è verificato più volte e in più luoghi nel tempo – alla nascita di una concezione differente della libertà, che va ad affiancare quella tradizionale.

In tesi generale, il concetto di libertà può essere connotato in termini positivi, ossia quale potere, e in questo senso essere liberi di fare qualcosa equivale ad averne la possibilità, oppure può connotarsi in termini negativi, come un eliminare qualcosa: liberarsi dalle catene della schiavitù, dal peso di una dominazione, dai vincoli di una sottomissione economica o di una soggezione sociale. Entrambe le accezioni si rinvengono nei manoscritti medievali, ma emerge soprattutto un fatto: non esisteva una concezione condivisa della libertà quale grande ideale comune.

Si possono riconoscere tante forme ed espressioni diverse dell’affermazione di libertà, interessanti da studiare per capire aspetti delle mentalità del tempo, di non facile intuizione per noi in quest’epoca post-moderna. Ad esempio, per alcuni la libertà si identifica col privilegio sociale: la libertà dei nobili rispetto ai servi, la libertà di organizzarsi la vita dei ricchi che non devono lavorare per vivere, la libertà dei soldati in armi che non devono rispettare alcune regole come i comuni cittadini. La Chiesa, che pur praticava e predicava il servizio del prossimo, rivendicava libertà, intesa come indipendenza, da ogni potentato laico e da ogni uomo che esercitasse un potere temporale. Nel cristianesimo era passata in parte la concezione ebraica del rispetto sacro dell’autorità, attraverso una formula di San Paolo, secondo cui ogni autorità viene da Dio, ma i cristiani più colti sapevano che gli Ebrei avevano un’organizzazione teocratica e che San Paolo si riferiva all’autorità spirituale. In alcune parti della società medievale, soprattutto in ragione delle conseguenze della dicotomia tra potere imperiale e potere papale, comincia ad affermarsi l’idea di libertà come indipendenza dall’autorità illegittima o ingiusta: secondo Jacques Le Goff questo è il “remoto, benefico germe della democrazia”[3].

Seguendo nei secoli il filo rosso di questo aspetto della “libertà dei figli di Dio” è più facile comprendere l’atteggiamento critico di Dante nei confronti dell’autorità religiosa non rigorosamente fedele al dettato evangelico, non rubricandola erroneamente come semplice conseguenza della sua simpatia politica per il potere imperiale. La libertà di critica atteneva, in questo senso, alla supremazia della verità, e dunque della sostanza, sul valore del ruolo, e dunque sul rispetto della forma.

Ma esiste un modo di intendere la libertà che è tipico dei mercanti: un fondo spesso trascurato attiene al sentirsi padroni della propria merce – che non deve essere ostaggio del gabelliere – e liberi di contrattare con chiunque per ottenere, attraverso l’accordo nel gioco dello scambio, un vantaggio reciproco e comune dal quale far derivare la padronanza della propria vita. Senza rendersene conto, o forse in parte consapevolmente, il loro modo di intendere la libertà eleggeva il potere del danaro a un livello superiore a quello della maggior parte dei valori simbolici correnti.

La libertà medievale costituisce, secondo Jacques Le Goff, il germe del liberalismo moderno. [BM&L-Italia, marzo 2023].

 

Notule

BM&L-18 marzo 2023

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[1] Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, p. 103, GLF Editori Laterza, Roma-Bari 2002.

[2] Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, p. 110, GLF Editori Laterza, Roma-Bari 2002.

[3] Cfr. Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, p. 110, GLF Editori Laterza, Roma-Bari 2002.